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Considerazioni Generali sulla Specie
I Pitoni moluri sono tutelati sia dalla legge indiana che da quella internazionale, entrambe purtroppo sovente eluse.
Un allarmante rapporto dell’IUCN (1988) segnala l’abbondante utilizzo di Python molurus per scopi alimentari e medicinali, in particolare presso popolazioni e tribu’ di lingua sinica.
In precedenza, sono Whitaker (1978) e Daniel (1983) che descrivono il consumo alimentare di Python molurus (e non solo di questa specie), nelle regioni Kerala e Tamil-Nadu da parte dei Poliyars ed altre tribu’, segnalando inoltre in molte aree dell’India, il diffuso impiego del grasso di questi serpenti per la preparazione di unguenti medicamentosi.
Il volume del commercio di pelli secondo i rapporti CITES (Convention on International Trade in Endangered Species of Wild Flora and Fauna), e’ in costante aumento: da 52.572 nel 1980 a 225.923 nel 1985, con Italia, Francia, USA e Germania quali maggiori importatori principalmente da Tailandia, Indonesia e Viet-Nam (IUCN, 1988).
In netto contrasto con quanto dichiarato da Mehrtens (1987), il medesimo rapporto parla di un “drammatico incremento” delle importazioni di esemplari vivi a scopo terraristico, sopratutto effettuato dagli USA, con serpenti originari della Tailandia (IUCN, 1988).
Il volume totale di questi movimenti passa da 4.873 individui, esportati nel 1980, a 25.255 nel 1985.
La completa assenza di studi popolazionali ha sempre reso impossibile sapere quanto questa vera e propria “emorragia” di individui abbia influenza sulla specie, comunque collocata in CITES appendice 1, per Python molurus molurus, ed in appendice 2 per Python molurus bivittatus.
Questo ofidio, dichiarato da alcuni presente in Occidente principalmente con esemplari provenienti da allevamenti (Ross, 1979; Mehrtens, 1987), a causa della particolare situazione socio-economica dell’area asiatica, nei luoghi di origine diviene un tipico “souvenir” (i giovani pitoni in particolar modo), per il turista ingenuo e per quello disposto a correre qualche rischio alle frontiere.
L’eccezionale prolificita’ in stato di cattivita’ di cui si parla per la sottospecie Python molurus bivittatus viene attribuita alla sua distribuzione geografica, che si estende verso l’emisfero settentrionale del Globo Terrestre, per cui in un certo qual modo “in fase” con le fluttuazioni stagionali ivi caratteristiche (Ross, 1978; Mehrtens, 1987).
Purtroppo, la incapacita’ di riconoscerne le sottospecie, unita al desiderio di molti terrariofili di avere a tutti i costi la coppia di pitoni da allevare, ha portato molti commercianti ad immettere sul mercato esemplari classificati semplicemente come Pitone moluro, in realta’ appartenenti alle tre sottospecie, indistinguibili per il profano. Gli ibridi sono ormai molto frequenti (Mehrtens, 1987) ed il rischio che la purezza genetica delle popolazioni allevate in USA ed Europa venga inquinata e’ alto (Ross & Marzec, 1990). Credo comunque, che in attesa che istituzioni competenti o singoli ricercatori definiscano con ulteriore chiarezza lo status di questa specie in natura, si debba pianificare un’azione tesa alla prevenzione di eventuali peggioramenti dei dati preoccupanti forniti dalla CITES.
L’utilita’ di questo rettile cosi’ prolifico e comune nella sottospecie “bivittatus” e’ evidente: collezionisti e ricercatori possono disporre di un enorme numero di esemplari di pitone nati in cattivita’ senza incidere con prelievi in natura. Facilmente controllabile se di giovane eta’, non particolarmente esigente nella stabulazione ed alimentazione, e’ un ofidio ideale per studi cariologici o genetici, dal temperamento controllabile anche da impacciati studenti alle loro prime esperienze di stabulari e laboratorio. La sua refrattarieta’ alla contrazione di malattie, se trattato con un minimo di responsabile igiene, non possono che aumentarne il valore quale soggetto di studio.
E’ deplorevole che un rettile tanto prezioso per la comunita’ scientifica stia ricevendo poca considerazione dai ricercatori, tanto da non riuscire ad essere nemmeno ben difeso in natura, in quanto la sua situazione come specie protetta <<…ha bisogno di ulteriori dati, perche’ quelli attualmente disponibili sono troppo aneddotici e approssimativi…>> (IUCN, 1988).
Mauro Picone